L’editoriale
Se facessi vincere la vanagloria,
potrei ora quasi gioire. La realtà avvilente della politica universitaria
cassinate - e delle peggiori liste civiche del pianeta Terra, con dentro tutto
e il contrario di tutto - ha dato spietatamente ragione ai “disfattisti” di Vox
Studenti. A Virginia, a Giovanna, a Tommaso, a Gianluca e Mario. Ai nuovi
membri della redazione che con coraggio e abnegazione stanno portando avanti un
progetto tanto ambizioso, quanto sacrificato. E prim’ancora ha dato ragione a
Alessandro, a Alberico, a Chiara, a Roberto, a Errico, a Tamara. Al
sottoscritto. A tutto il giornale, che nel numero di gennaio 2011, ha titolato
(meravigliosamente) “Ultimo Banco: sarà vera Avanguardia?”. E certo mi rendo
conto che potrei andare avanti per anni con la storia dell’ “io l'avevo detto”,
da dedicare ai fenomeni iper-apartitici che fino a ieri giocavano al ruolo di
leader di una lista civica con dentro comunisti, fascisti, democristiani,
grillini, renziani, bersaniani, dalemiani, finiani e berlusconiani, perché,
dicevano: “una lista politica, non funzionerà mai, la nostra forza è il fatto
di essere apartitici”. Hanno sbagliato tutto. Tutto. E Vox no. Potrei esserne
felice. Ma l’autostima non mi è mai mancata. Di conferme non avevo bisogno. Il
sentimento dominante, adesso, è la rabbia. La rabbia per un’occasione buttata
via (da altri: da noi, no). La rabbia per veder finire la gioiosa macchina da
guerra, uccisa – un po’ come il Pd - da quelle stesse diversità che vantava di
contenere al suo interno. In un
editoriale di gennaio 2011 (quando ero ancora studente), dopo che una parte di
Ub passò alla cassa assicurandosi due senatori accademici, scrissi: «In questa
lista da un lato c’è chi con impegno e con passione si impegna per fare il
politicante, dall’altro si comincia a ragionare seriamente di politica. Due
modi di intendere e di fare, che ora hanno bisogno, per il bene di entrambi, di
differenziarsi e caratterizzarsi per quello che sono. Il tempo, per ragioni
anagrafiche, lavora per il nuovo gruppo di “dissidenti”: ristretto e magari
privo al momento di una forte base elettorale nelle facoltà, ma sicuramente
innovativo per il nostro ateneo e ricco di idee da sviluppare. Chi troverà il coraggio di fare questo salto
di qualità e raggruppare attorno a sé un gruppo di studenti che condividono un
determinato modo di fare politica, magari perderà le prossime elezioni
studentesche, ma di certo avrà il merito di creare nelle nostre facoltà
movimenti all’avanguardia mai esistiti finora che potranno rivoluzionare nel
prossimo futuro tutto il panorama della politica universitaria cassinate». Sono
passati 28 mesi, da quella mia riflessione. Quel coraggio richiesto, almeno
finora, non c’è stato. E così – ormai è noto a tutti – Ub non ha vinto le
elezioni dello scorso anno. Bensì, grazie a un’immensa generosità del presidente
Polizzi, ha stravinto in tutto, e su tutto. Finché, a neanche un anno di
distanza, la situazione è implosa. I fatti sono noti a tutti, inutile
ripeterli. Inutile cercare le colpe. Anche perché, non ci sono colpe o
colpevoli da ricercare. Sarebbe ingeneroso e intellettualmente disonesto non
riconoscere gli sforzi compiuti dall’ex presidente – che ha traghettato Ub al
trionfo – così come non si può non riconoscere il grande lavoro che stanno
compiendo tutti i rappresentanti eletti. Ma fare i rappresentanti non significa
stare solo al servizio degli studenti su orari, esami, tasse e quant’altro.
Significa mettere in campo anche delle scelte politiche. Difficile, in questo
momento storico, difendere la politica e i partiti. Ma, almeno in ateneo, in
questo ateneo, già abbiamo pagato le scelte “grilline” (in questo abbiamo
preceduto e anticipato il M5S) con movimenti che contengono al loro interno tutto e il contrario di tutto, ma non hanno la
cosa principale che si chiede a chi fa politica: l’identità. Per questo, se è
vero che la rabbia è tanta (anche io, pur se scettico, per un attimo ho creduto
liste così potessero funzionare) non demonizzerei la scissione di Ub. Anzi, mi
sentirei di incoraggiarla. Ne usciranno ridimensionate certamente entrambe le
parti per numero di consensi e di voti alle prossime elezioni. Ne uscirà
rafforzata, invece, la parte che, più dell’altra, anziché pensare alle prossime
elezioni universitarie, si spenderà, a favore delle prossime generazione di
universitari. Offrendo loro la possibilità, una volta “sbarcati” in ateneo, di
militare attivamente in una lista che abbia una chiara identità. Che non abbia
la pretesa di far star dentro, in malo modo, riformisti e conservatori. Ma che
ben rappresenti gli elettori di quella parte. Non saranno queste, o le prossime
elezioni, a incoronare questo processo. Ma il tempo, com’è noto, è galantuomo.
Auguri.
Alberto Simone e
la redazione di Vox Studenti
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